La Nazione Navajo e il Covid-19

GRIDO D’ALLARME DELLA GOVERNATRICE DEL NUOVO MESSICO: IL CORONA VIRUS POTREBBE “SPAZZAR VIA” LE COMUNITÀ TRIBALI

La governatrice del Nuovo Messico, Michelle Lujan Grisham [democratica], lunedì ha lanciato un allarme al presidente Donald Trump riguardo alla “incredibile impennata” di casi di Corona virus nella Nazione Navajo, avvertendo che il virus potrebbe “spazzar via” alcune nazioni tribali, almeno secondo la registrazione della recente videoconferenza intercorsa tra Trump e i governatori dei vari stati, ottenuta da ABC News.

“Sono molto preoccupata, signor presidente,” ha detto la governatrice Lujan Grisham nel suo intervento, informando Trump di non avere ancora ricevuto alcuna risposta a una sua domanda, fatta mercoledì scorso al Ministero della Difesa, riguardo alla fornitura di un ospedale da campo dell’esercito per 248 posti letto da allestire in Albuquerque (Nuovo Messico). Continua a leggere

Le tribù di fronte al Covid-19

Il coronavirus COVID-19 sta iniziando a colpire le nazioni dei Nativi Americani. Molte tribù hanno già scoperto diversi focolai all’interno delle riserve indiane. C’è un elevato rischio che le tribù siano costrette ad affrontare il virus a “mani nude”. I nativi americani sono la parte più povera della popolazione degli Stati Uniti e soffrono delle malattie croniche sottostanti, come diabete, problemi cardiocircolatori e asma. Sono inoltre storicamente soggetti ad altissimi tassi di disoccupazione, alcolismo, violenza domestica. Tutti retaggio del trauma intergenerazionale causato da quattro secoli di genocidio fisico e culturale e delle criminali politiche assimilazioniste perseguite, fino ad anni recenti, dal governo degli Stati Uniti.

Nel 2009, gli Indiani d’America e i Nativi dell’Alaska sono morti a causa del ceppo influenzale H1N1 a un tasso quattro volte superiore a quello di tutti gli altri gruppi etnici messi insieme. L’impatto del COVID-19 potrebbe essere quindi, particolarmente devastante per loro.

Ci sono già molti focolai nelle riserve, ma mancano gli ospedali e quei pochi che ci sono non sono minimamente attrezzati per far fronte al virus. L’Indian Health Service, il Servizio Sanitario Indiano che è parte del Dipartimento della Salute degli Stati Uniti, ha dichiarato di essere in costante contatto con la Casa Bianca e i centri statunitensi per il controllo e la prevenzione delle malattie, e ha assicurato che tutte le sue cliniche “hanno accesso ai test” per il COVID-19. Tuttavia alcune tribù segnalano una drammatica carenza di kit per i test. Tenendo presente che gli indiani che vivono nelle riserve sono circa 2,5 milioni, al 30 marzo, i test effettuati in tutte le riserve sono stati 3.288, con 174 positivi e 1.990 negativi. Fra i Navajo, che sono oltre 350.000, i test effettuati sono stati 1.377, con 110 contagiati, poi saliti a 128.

L’invito, anche per i Navajo, è di stare in casa, però migliaia di membri tribali sono costretti ogni giorno a lasciare le proprie case e percorrere molti chilometri per approvvigionarsi d’acqua potabile. Il governatore del New Mexico ha lanciato un preoccupato allarme. Sostiene che il virus potrebbe decimare gli indiani di Arizona, New Mexico e Utah.

La Rosebud Sioux Tribe, nel South Dakota, ha chiesto assistenza e aiuto urgente all’Organizzazione mondiale della sanità e alla Pan American Health Organization. Evidentemente non credono che il governo americano si stia preoccupando per loro. La Rosebud Sioux Tribe ha circa 30.000 membri tribali e meno di 200 posti letto nell’ospedale della riserva.

I Chippewa della tribù di Sault Ste. Marie, in Michigan, hanno evidenziato che i due kit per il test del coronavirus inviategli dall’Indian Healt Service, siano una risposta federale “dolorosamente inadeguata”.

Ad aggravare il problema, la chiusura dei casinò, che sono presenti in quasi tutte le riserve indiane, dovuta alla necessità di prevenire la diffusione dei contagi, ha come immediata conseguenza che alcuni governi tribali stanno perdendo la loro principale fonte di entrate proprio nel momento in cui ne avrebbero maggior bisogno.

Ci sono 574 tribù di Nativi Americani riconosciute a livello federale negli Stati Uniti, alcune in parti remote del paese con accesso limitato alle risorse di base. Per tutte loro si prospettano tempi molto bui.

 

La Standing Rock Sioux Tribe vince in tribunale dopo quattro anni di lotta contro il Serpente Nero

Ieri, 25 marzo 2020, il giudice federale della United States District Court for the District of Columbia ha annullato i permessi che furono concessi dal Corpo degli Ingegneri dell’Esercito degli Stati Uniti per far passare il Dakota Access Pipeline sotto il fiume Missouri-lago Ohae, pochi chilometri a nord della riserva di Standing Rock.

La Tribù Sioux di Standing Rock, non ha mai pensato di arretrare dalla lotta per proteggere la propria terra dalla possibile fuoriuscita di petrolio dal Dakota Access Pipeline nel fiume Missouri. Un’eventualità che causerebbe danni immensi allo stile di vita della tribù, alla salute dei suoi membri e all’ambiente fluviale. Ogni anno, dal 2016, il Consiglio tribale ha votato all’unanimità per continuare la battaglia legale contro l’oleodotto, che trasporta 600.000 barili di petrolio greggio al giorno sotto il Missouri.

La Tribù si è avvalsa della consulenza legale di Earthjustice che è un’organizzazione di diritto ambientale senza scopo di lucro che opera per proteggere la salute delle persone, preservare la fauna selvatica, promuovere l’energia pulita e combattere i cambiamenti climatici.

Il Tribunale federale ha preso la sua decisione dopo avere accertato che il Corpo degli Ingegneri dell’Esercito non considerò gli impatti sulla salute della Tribù e sull’ambiente all’interno della riserva di Standing Rock in caso di una rottura dell’oleodotto e della conseguente fuoriuscita di petrolio. Il Tribunale ha ordinato al Corpo di effettuare una valutazione di impatto ambientale completa, tenendo conto delle osservazioni della Tribù, e ha anche chiesto alle parti di valutare se nel frattempo la conduttura deve essere chiusa.

La Tribù iniziò a opporsi al DAPL a partire dall’aprile 2016, quando si venne a sapere che erano iniziati i lavori di costruzione dell’oleodotto. Ci fu un’imponente mobilitazione di centinaia di tribù, migliaia di militanti indiani e di associazioni di tutto il mondo. Nel 2016, difendendo il territorio di Standing Rock dal DAPL, la Tribù ha attirato l’attenzione del mondo, contribuendo a dare origine a un movimento globale di resistenza indigena contro nuovi progetti d’infrastrutture legate ai combustibili fossili. La lotta fu condotta fin dall’inizio anche nelle aule di giustizia, con vittorie e battute d’arresto.

Nel dicembre 2016, l’amministrazione Obama bloccò la costruzione dell’oleodotto, ma il presidente Trump, appena eletto, come suo primo atto da presidente degli Stati Uniti, annullò l’ordine esecutivo di Obama. Anche dopo che un giudice federale, alla fine del 2017, ordinò all’Esercito di prendere in considerazione le critiche della Tribù, la costruzione fu continuata e portata a termine.

L’udienza che ha visto le tesi di Standing Rock prevalere ha avuto luogo nonostante la pandemia di COVID-19 e si è tenuta in teleconferenza. La Tribù si sta ora preparando a sostenere che, mentre l’Esercito completa la sua revisione della valutazione d’impatto ambientale, il DAPL dovrebbe essere chiuso.

CHACO CANYON MINACCIATO DAL FRACKING

Il Chaco Culture National Historical Park si trova nel nord-ovest del Nuovo Messico, tra Albuquerque e Farmington e conserva una delle più affascinanti aree storiche e culturali d’America. E’ un parco nazionale storico degli Stati Uniti dal 1980 e patrimonio dell’umanità tutelato dall’UNESCO dal 1987. Possiede la più densa ed eccezionale concentrazione di pueblo degli Stati Uniti e ben 2400 siti archeologici si trovano all’interno del territorio del parco. I siti culturali e tutta l’area che li conserva sono considerati sacri dagli Hopi, dai Navajo e dai Pueblo, che si considerano diretti discendenti degli antichi costruttori di Chaco e che continuano a tramandare tradizioni orali narranti della storica migrazione da Chaco e della loro relazione spirituale con quei luoghi. Ora tutto ciò è messo in pericolo.

Pueblo Bonito (Chaco Canyon) – Foto M. Galanti

Cheto Ketl (Chaco Canyon) – Foto M. Galanti

L’orizzonte a nord di Chaco Canyon – Foto M.Galanti

Da diversi anni tutta l’area a nord di Chaco Canyon è soggetta allo sfruttamento intensivo dei depositi di scisti bituminosi che vi si trovano attraverso l’apertura di numerosissimi pozzi per l’estrazione di gas e petrolio con la contestatissima tecnica del fracking. La regione ospita il più grande hotspot di metano degli Stati Uniti e vi sono già avvenuti diversi incidenti: esplosioni di depositi di gas, esplosioni di serbatoi d’acqua (associati alla produzione di gas), rotture, perdite, sversamenti, terremoti e contaminazione di aria, suolo e acqua. A luglio 2016, una piattaforma petrolifera è esplosa e ha bruciato per giorni, uccidendo il bestiame e costringendo i residenti locali a evacuare le proprie case.

Ora il Bureau of Land Management (BLM) dell’Amministrazione Trump sta accelerando le procedure di vendita di terre pubbliche, destinate al fracking, nella regione del Greater Chaco, l’area di rispetto di Chaco Canyon. Il BLM è stato indotto a quest’accelerazione dal Secretarial Order n. 3354 emesso lo scorso mese di luglio dal Segretario agli Interni Ryan Zinke che impone di rimuovere tutti gli ostacoli burocratici al rilascio delle concessioni e alla vendita delle terre pubbliche. E cosa ha fatto il BLM? Ha abolito d’ufficio il periodo di due settimane, fin qui disponibile, per la visione da parte del pubblico della documentazione e l’eventuale presentazione di osservazioni.leases-near-chaco-canyon

Il BLM prevede di mettere all’asta dei lotti di terra, di proprietà pubblica, all’industria del fracking entro l’8 marzo 2018. I lotti si trovano vicino a case di residenti Navajo e nella zona di rispetto di 10 miglia dal Chaco Canyon National Historical Park. Questa decisione ha trovato l’opposizione della Nazione Navajo e del Consiglio dei Governatori di tutti i Pueblo della zona che si sono rivolte, oltre che al BLM, anche al Bureau of Indian Affairs (BIA) chiedendo che la sacralità dei luoghi sia rispettata e che sia messo a punto un piano protezione dell’intera area.

Una coalizione di associazioni costituita da WildEarth Guardians, Western Environmental Law Center, Amigos Bravos, Chaco Alliance, Dine Citizens Against Our Ruining Our Environment, Natural Resources Defense Council, San Juan Citizens Alliance, e Sierra Club si sono coalizzate e chiedono al Bureau of Land Management (BLM) dell’Amministrazione Trump di rinunciare a mettere all’asta le terre pubbliche e tribali nella regione del Greater Chaco a favore dell’industria petrolifera e del gas. Fino ad ora senza alcun esito positivo.unknownMa, nel mentre il BLM ha ammesso che è necessaria una nuova analisi per capire meglio gli impatti paesaggistici del fracking nella regione del Great Chaco, lo stesso ufficio, con l’avvallo del BIA, continua spudoratamente ad autorizzarne lo sviluppo in assoluto disprezzo per le terre pubbliche e il patrimonio culturale che dovrebbero sostenere.

M. Galanti

 

 

Proclama del Presidente Trump

Ufficio Stampa della Casa Bianca

31 ottobre 2017

Il presidente Donald J. Trump proclama il novembre 2017 “Mese nazionale del patrimonio nativo americano”

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Dal Presidente degli Stati Uniti d’America

Proclama

Gli Indiani Americani e i Nativi d’Alaska sono inestricabilmente legati alla storia degli Stati Uniti. A partire dall’arrivo dei pellegrini alla colonia di Plymouth e continuando fino a oggi, i contributi dei Nativi Americani sono intessuti profondamente nel ricco arazzo della nostra nazione. Durante il Mese del Patrimonio Nazionale Nativo Americano, onoriamo e celebriamo i primi americani e riconosciamo i loro contributi e sacrifici [vedi NdT 1].

I Nativi Americani hanno influenzato ogni fase dello sviluppo dell’America. Essi hanno aiutato i primi coloni europei a sopravvivere e prosperare in una nuova terra. Hanno contribuito alle idee democratiche degli artefici della nostra costituzione. E da oltre 200 anni hanno coraggiosamente risposto alla richiesta di difendere la nostra Nazione, servendo con distinzione in ogni ramo delle forze armate degli Stati Uniti. La Nazione è grata per il servizio e il sacrificio di tutti gli Indiani Americani e Nativi d’Alaska.

La mia Amministrazione è impegnata per la sovranità e l’autodeterminazione tribale. Una grande Nazione mantiene la sua parola e quest’Amministrazione continuerà a sostenere e difendere le sue responsabilità verso gli Indiani Americani e i Nativi d’Alaska. Gli Stati Uniti sono più forti quando il Paese Indiano è sano e prospero. Nell’ambito dei nostri sforzi per rafforzare le comunità degli Indiani Americani e dei Nativi d’Alaska, la mia Amministrazione sta rivedendo le normative che possono imporre costi e oneri non necessari [vedi NdT 2]. Questa riforma normativa aggressiva e l’attenzione sulla consultazione da governo a governo [vedi NdT 3] contribuiranno a rivitalizzare l’impegno del nostro Paese verso il Paese Indiano.

Oltre ad adottare politiche per migliorare il benessere economico delle comunità Native Americane, la mia Amministrazione aiuterà sempre il popolo Nativo Americano in tempi di crisi. Sulla scia dell’uragano Irma ho firmato la prima dichiarazione di emergenza presidenziale per una nazione tribale. Faremo in modo che la tribù Seminole della Florida abbia accesso alle risorse necessarie per ricostruire. Come parte della nostra famiglia americana, i Nativi Americani non saranno mai lasciati indietro da quest’Amministrazione. Insieme rafforzeremo i rapporti tra il governo degli Stati Uniti e i Nativi Americani.

I Nativi Americani sono una testimonianza della profonda importanza della cultura e della vivacità delle tradizioni, tramandate attraverso le generazioni. Questo mese, invito tutti i nostri cittadini a conoscere la ricca storia e la cultura del popolo Nativo Americano.

Ora, dunque, io, DONALD J. TRUMP, Presidente degli Stati Uniti d’America, in virtù dell’autorità attribuitami dalla Costituzione e dalle leggi degli Stati Uniti, proclamo il novembre 2017 come Mese Nazionale del Patrimonio Nativo Americano. Invito tutti gli americani a commemorare questo mese con programmi e attività adeguati e per celebrare il 25 novembre 2017, come Giorno del Patrimonio Nativo Americano.

IN FEDE DI CIO’, ho qui posto la mia mano in questo trentunesimo giorno di ottobre, nell’anno del nostro Signore duemiladiciassette e duecentoquarantadue dall’Indipendenza degli Stati Uniti d’America.

DONALD J. TRUMP

Tradotto da M. Galanti

Nota del Traduttore 1 – Si evidenzia che il documento non fa il minimo accenno al reiterato tentativo degli Stati Uniti d’America di distruggere le culture native americane sopravvissute al genocidio.

Nota del Traduttore 2 – L’Amministrazione Trump ha deciso di tagliare all’Ufficio degli Affari Indiani (BIA) circa 300 milioni di dollari fra i quali: 64 dai programmi di istruzione, 21 dai programmi per la legalità e la sicurezza, 22 da iniziative per lo sviluppo economico delle comunità e 50 dai programmi per la casa. Ha inoltre deciso il blocco delle assunzioni del personale al BIA e al Servizio Sanitario Indiano.

Nota del Traduttore 3 – L’Amministrazione Trump non ha ancora confermato l’annuale Conferenza della Casa Bianca con i rappresentanti delle Nazioni Tribali che si è svolta ogni anno sotto la presidenza Obama.