CARTA ABIERTA AL SEÑOR LUCIANO BENETTON

CARTA ABIERTA AL SEÑOR LUCIANO BENETTON (EN ESPAÑOL)

Quien le escribe es la asociación “Il Cerchio”, una asociación italiana que por más de 22 años trabaja en la apoyo a los pueblos indígenas de todo el mundo.

Leímos la entrevista publicada en “La Repubblica” del 30 de noviembre, firmada por Francesco Merlo, y captamos que después de los negativos resultados de su empresa, usted fue obligado a regresar en primera persona a la conducción de la misma, disponiéndose ahora a una reconstrucción basada en ideas fuertes e innovativas.

lb-espA tal efecto, le pedimos si tales ideas fuertes e innovativas también estarán en la base de la gestión de las tierras en Argentina de las cuales su empresa reivindica la posesión, tierras que sin embargo desde siempre han pertenecido al pueblo Mapuche, que en aquellas tierras vivía y vive desde siglos,antes que su empresa las adquiriera en los años 90.

Los Mapuche reclaman desde siempre su restitución,como está previsto, por otra parte, en la misma legislación argentina (en la Constitución, art. 75, y en las leyes 233302 y prorroga 26554, Decreto 1122/07). El modo en el cual estas tierras fueron pasadas de los Mapuche a la República Argentina y luego a su empresa es aquello en lo cual históricamente fueron realizadas las colonizaciones en Sudamérica. Continua a leggere

Lettera aperta al sig. Luciano Benetton

Chi le scrive è l’associazione “Il Cerchio”, un’associazione italiana che da oltre 22 anni opera a sostegno dei popoli indigeni di tutto il mondo.

intervista-a-benetton-su-repubblicaAbbiamo letto l’intervista pubblicata su “La Repubblica” il 30 novembre u.s., a firma di Francesco Merlo, e abbiamo appreso che dopo i negativi risultati della sua azienda è stato costretto a tornare in prima persona alla conduzione della stessa, accingendosi ora ad una ricostruzione basata su idee forti e innovative.

A tal proposito, le chiediamo se tali idee forti e innovative saranno alla base anche della gestione delle terre in Argentina di cui la sua azienda rivendica il possesso, terre che però da sempre appartengono al popolo Mapuche, che in quelle terre viveva e vive da secoli, prima che la sua azienda le acquistasse negli anni 90. 1202-2613I Mapuche ne richiedono da sempre la restituzione, come previsto peraltro dalla stessa legislazione argentina (con la Costituzione, art. 75, e con le leggi 23302, 26160 e proroga 26554, Decreto 1122/07). Il modo in cui queste terre sono passate dai Mapuche alla Repubblica Argentina e poi alla sua azienda è quello in cui storicamente sono avvenute le colonizzazioni in Sudamerica. 

trad-2-2Purtroppo, negli ultimi tempi le crescenti rivendicazioni dei Mapuche sono state represse con la forza dallo stesso Stato e dalle forze dell’ordine argentine, che evidentemente non hanno agito a tutela della popolazione, durante ripetuti scontri recentemente funestati dalla morte violenta dell’attivista argentino Santiago Maldonado, e del giovane mapuche Rafael Nahuel, oltre che dal ferimento e arresto di molti Mapuche, inclusi diversi minori. E la morte di Santiago Maldonado è strettamente legata proprio alle rivendicazioni dei territori della sua azienda da parte della comunità Mapuche Pu Lof in Resistenza Cushamen.

Le chiediamo, tramite questa lettera aperta, una sua dichiarazione pubblica su cosa la ricostruzione della sua azienda preveda in questo specifico ambito; se la sua azienda intenda o meno aprire un reale dialogo costruttivo con i Mapuche, o se invece continuerà a seguire la stessa strada che finora l’ha portata non solo al conseguimento di problemi sociali con un’intera popolazione, ma anche a risultati economici negativi. A questi, in mancanza di un cambiamento nella gestione della questione Mapuche, sempre più rischieranno di aggiungersi le severe critiche alla sua azienda che già circolano sui social e il boicottaggio di fatto, a cui già chiama diversa parte della società argentina.

La nostra associazione, infine, si unisce a quanti chiedono verità e giustizia per la morte di Santiago Maldonado, in primo luogo la sua famiglia. Per questo, riteniamo anche opportuno un suo chiarimento in merito alle gravi accuse riportate dai media sudamericani, riguardo il possibile utilizzo di una cella frigorifera situata nella Estancia Leleque (tenuta Leleque, appartenente alla sua azienda), unica proprietà a possedere celle di grandi dimensioni nella zona dove è stato ritrovato dopo mesi il cadavere di Santiago. Circostanza che, alla luce dei risultati dell’autopsia, che ipotizzano che il corpo del giovane possa appunto essere stato mantenuto in stato di refrigerazione per un certo periodo, assume aspetti inquietanti, dato che la Gendarmeria coinvolta nell’attacco ai manifestanti nel quale è scomparso Maldonado è ospitata all’interno della stessa tenuta.

Associazione “Il Cerchio”, info@associazioneilcerchio.it  

Il Presidente
Toni Ventre

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LETTERA IN SPAGNOLO: Carta abierta a Benetton

LETTERA IN ITALIANO: Lettera a Benetton

 

Per approfondire:

Legislazione argentina sui popoli indigeni

MAPUCHE: BENETTON HA RUBATO LA TERRA

BENETTON E I MAPUCHE

LE RADICI DELL’OPPRESSIONE

DIETRO LA CAMPAGNA ANTIMAPUCHE

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UN APPELLO CHE METTE IN DISCUSSIONE 100 GIORNI DI OMBRE

Sergio Maldonado, querelante nella causa per la morte del fratello Santiago, ha chiesto alla Camera di disporre nuove perizie nella zona in cui è stato ritrovato il corpo e che autorizzi a suo favore il suo diritto avallato dai protocolli internazionali di convocare degli osservatori indipendenti nella causa, dato che si tratta di un caso in cui hanno preso parte forze di sicurezza federali. Maldonado mette in discussione l’oscuro ruolo di Pablo Noceti, funzionario del Ministero della Sicurezza, che il magistrato Gustavo Lleral si rifiuta di indagare. Un medico della Polizia Federale è stato accusato dalla magistratura di avere distribuito foto di Santiago morto che circolano sui social network.

santiagoA quasi un mese dal ritrovamento del cadavere di Santiago Maldonado nel Pu Lof en Resistencia Cushamen, nella denuncia Sergio, fratello maggiore della vittima, sporta a nome dei familiari, ha presentato un appello estremamente solido, che mette profondamente in dubbio l’istruttoria penale che è andata avanti con oltre 100 giorni di ombre.

La famiglia Maldonado ha richiesto che sia accettata la collaborazione di “esperti indipendenti”, così com’è previsto dai protocolli internazionali per fatti di gravità istituzionale con la partecipazione e/o il sospetto coinvolgimento delle forze armate. Inoltre, ha sollecitato che la magistratura effettui un nuovo sopralluogo sul posto del ritrovamento del corpo per portare a termine perizie fondamentali nel fiume, che non sono state effettuate, così come ha richiesto di concentrare le perquisizioni sul gruppo di gendarmi che hanno preso parte alla repressione nell’ambito della causa di occultamento di cadavere. In tal senso, Maldonado ha ricordato che ancora non sono stati convocati alcuni testimoni fondamentali, che erano insieme a Santiago prima che i gendarmi del Bolsón ed Esquel entrassero armati di fucili e sfollagente nel luogo in cui il 17 ottobre a mezzogiorno – dopo 78 giorni – fu ritrovato il corpo dopo un’orribile serie di perquisizioni in cui sono stati commessi abusi d’autorità, detenzioni di testimoni innocenti e irruzioni in una comunità mapuche vicina al Lof, Vuelta del Río, dove i militari dotati di armi lunghe sono giunti a bordo di elicotteri d’attacco pesantemente armati.

Per ottenere che il resto dei testimoni fornissero le loro dichiarazioni, Sergio Maldonado esige che “sia garantita un’indagine esaustiva, effettiva, imparziale ed indipendente al fine di conoscere le circostanze della morte di Santiago; e che sia richiesta la formazione di un gruppo di esperti indipendenti che supervisioni e coadiuvi l’indagine realizzata dal giudice.

Secondo il contenuto della risoluzione a cui egli ha fatto appello, l’ultima volta che Santiago è stato visto in vita è stato il primo agosto 2017 nel luogo chiamato Pu Lof en Resistencia Cushamen, nella circostanza in cui entrarono nel terreno in modo violento oltre 120 persone armate facenti parte della Gendarmeria Nazionale Argentina, che inseguirono Santiago e altre sei o sette persone fino alla riva del fiume Chubut. Benché la Gendarmeria Nazionale sia stata estromessa da questa indagine, ad oggi le indagini sono state realizzate dal resto delle forze di sicurezza che gerarchicamente dipendono dal Ministero della Sicurezza da cui dipende la stessa Gendarmeria. Continua a leggere

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CASO MALDONADO: UN CRIMINE DI STATO

Il governo ha creato piste false, ha spiato, ha occultato informazioni. Ha pianificato una repressione illegale, l’ha attuata e poi ha nascosto i fatti.

di Sebastian Premici

Come hanno sostenuto la legislatrice Myriam Bregman e Gloria Pages in un recente articolo pubblicato nel giornale Izquierda Diario, una delle caratteristiche essenziali dei crimini dello stato è la pianificazione per negare i fatti (la repressione, la persecuzione della Gendarmeria, inquadrare i fatti in una nuova lotta “antisovversiva”), la pianificazione per nascondere le informazioni e per creare piste false (vedi anche il Caso Maldonado: i manuali del Governo di Macri per nascondere e negare Caso Maldonado: los manuales del Gobierno de Macri para encubrir y negar).

Il Governo nazionale, responsabile diretto e politico per la sparizione e conseguente morte di Santiago Maldonado, ha occultato l’informazione, creato piste false e utilizzato il suo apparato d’intelligence per sviare le investigazioni in corso verso le vittime – e discolpare la Gendarmeria – dal primo momento. Ha anche pianificato l’ingresso illegale al ‘Pu Lof en Resistencia Cushamen’ (nome della comunità –Lof – mapuche). Per questo c’era Noceti nella zona.

Indipendentemente dai risultati delle analisi dell’autopsia il 24 novembre, il Governo nazionale, guidato da Mauricio Macri, dovrà rispondere per i fatti del primo agosto. Sarà fatta giustizia?

Alcuni punti da tenere in conto, tutti rispecchiati nell’Espediente 8233/17 (Habeas Corpus):

ultimomese-santiago* Il Governo sostenne in un primo momento che all’operazione del 1 agosto avevano partecipato solo 45 gendarmi in totale, distribuiti tra lo Squadrone 35 (El Bolson) e 36 (Esquel) – Fascicolo 896-. In un’altra lista consegnata dal Segretario del Coordinamento con i Poteri Giudiziali, Legislativi e Ministeri Pubblici, Gonzalo Cané, ci si riferisce a 100 uomini in uniforme (Fascicolo 894) dello Squadrone 35 e 36. In un altro rapporto della Gendarmeria si parla di 127 partecipanti, degli Squadroni 35, 36 e 41, ai quali poi si aggiunsero altri 3 dell’Aggruppamento XIV, dello Squadrone nucleo di Chubut e dello Squadrone José de San Martin (37). Perché non hanno voluto rendere nota fin dal primo momento della quantità di uomini in uniforme che parteciparono alla repressione? I libri degli Squadroni sequestrati presentano gravi omissioni nelle sue liste, ci sono uomini in uniforme che registrano ora d’ingresso ma non di uscita e viceversa. Come a dire che non esiste un’informazione che sia fedele sulla quantità di gendarmi che erano presenti al momento della repressione al Lof verso le 11.15 di quel primo agosto.

* Veicoli: Il 4 agosto, nel Fascicolo 162, la Gendarmeria informò della partecipazione di 14 veicoli. Il 15 agosto hanno invece informato della partecipazione di 17 veicoli (Fascicolo 865). La differenza non è indifferente. Il 6 agosto è stata realizzata la perizia sui veicoli che hanno partecipato alla repressione. Quando arrivarono allo Squadrone 36 in cui si trovavano le Ford Ranger che entrarono nel territorio (OLW 237 y OVI 549) si dichiarò che le cinture di sicurezza dei camion erano state distrutte (Fascicolo 255). Il giudice Guido Otranto non ha ordinato nessun tipo d’investigazione su questo fatto. Nemmeno le parti che hanno partecipato alla perizia commentarono l’accaduto.

A questo punto bisogna ricordare che Pablo Noceti, capo del Gabinetto del Ministro della Sicurezza (Patricia Bullrich), ha anticipato la perizia sui veicoli con una richiesta del 3 agosto. Così risulta in un rapporto della sezione dell’intelligence della Gendarmeria. Con riflessi rapidi, il Governo ha ordinato che i veicoli fossero lavati. Gonzalo Cané ha argomentato – in un’intervista pubblicata dall’Izquierda Diario – che erano stati lavati per “protocollo” e incolpò il Difensore Pubblico, Fernando Machado, di aver ritardato la presentazione dell’Habeas Corpus. Ovvero, l’argomento che ha trovato il Governo è che i veicoli erano stati lavati perché la denuncia sulla sparizione di Santiago Maldonado aveva tardato ad arrivare alla Giustizia.

Cané ha menzionato chiaramente che la sparizione è stata denunciata il 2 agosto nell’Espediente 8232 da Julio Saquero (APDH) e che l’Habeas Corpus è stato iniziato dalla Commissione Provinciale della Memoria (Fascicolo 1), lo stesso 2 agosto. Cané ha riconosciuto che la forza sospettata per la sparizione di Santiago Maldonado aveva lavato i veicoli. È stato Noceti che ha dato l’ordine. Il 28 agosto, Cané inviò a Otranto il “protocollo” della Gendarmeria con il quale ha riconosciuto tacitamente che il governo aveva lavato i veicoli (Fascicolo 1662).

Allora, come confidare nei risultati del DNA che sono stati realizzati sui veicoli? Nel Fascicolo 2090 si può leggere che: “Non si esclude il deterioramento di materiale genetico.” La domanda in questo caso è: come si è deteriorato questo materiale? E’ stato lavato? Questo non è un semplice passo del protocollo. Questo è un insabbiamento da parte del Governo.

In questo momento niente esclude la possibilità di pensare che Santiago Maldonado sia stato trasferito senza vita il primo agosto e gettato nuovamente nel fiume nella zona della vecchia guardia (1500 metri più a valle). Verso quel punto si è diretta la Ford Ranger OLW 237, vista anche da Matías Santana. In questa zona dove si uniscono l’attuale tracciato dell’RN 40 con il vecchio tracciato, la Gendarmeria ha mantenuto una base operativa per vari giorni dopo la repressione e sparizione di Santiago.

*Santiago Maldonado – RAM. Tra il 15 di agosto e il 4 settembre tanto il giudice Guido Otranto che il Governo nazionale hanno abbandonato l’idea che Santiago poteva essere della RAM e che non era mai stato dentro il territorio.

L’8 agosto la Gendarmeria ha firmato una relazione intitolata ‘RAM – Gendarmeria 2017’, inserita nell’Espediente del 16 agosto (Fascicolo 974 – vedere la relazione del Governo che ha giustificato la repressione: El informe del Gobierno que justificó la represión). In 36 fascicoli il Governo delinea la repressione del 1 agosto come azione antiterrorista come la repressione del 10 gennaio. Il 15 agosto Cané ha sollecitato dentro l’espediente (Fascicolo 912) che si vincoli la causa del Puestero de Epuyen con la sparizione di Santiago Maldonado. Il giorno seguente Bullrich ha sostenuto questa teoria al Senato. E il capo dello Squadrone 35, Fabian Méndez, ha ordinato ai suoi sottoposti di smettere di parlare dei mapuche per cominciare a martellare con la RAM, come figura nelle perizie telefoniche dentro dell’Espediente 8232/17.

Tuttavia, a partire dal 14 agosto, il giudice Guido Otranto già poteva contare sulle immagini registrate dalla stessa Gendarmeria inviate da Cané in due CD (Fascicolo 973), Lì si può osservare come alle 11.32 del primo agosto Santiago Maldonado appare nella fotografia in posa di corsa, fuggendo dalle pallottole della Gendarmeria. In pratica, la forza sospettata e il Governo sapevano che Santiago Maldonado era stato vittima della repressione e anche così hanno deciso di nascondere questa informazione. Perché? Perché la sua sparizione e successiva morte è stata responsabilità di quelle forze di sicurezza delle quali abbiamo parlato; il Governo ha giocato le sue carte per nascondere la verità.

*La caccia: Per prima cosa dissero che non c’erano veicoli che stessero vicino al fiume. Dalle fotografie e a partire dalle dichiarazioni degli stessi gendarmi si è invece provato che sì, i veicoli c’erano. Una relazione elaborata dall’area dell’intelligenza di questa forza, sequestrata in uno dei dischi rigidi – prova sollecitata dal Procuratore Silvina Avila – diede conto dei movimenti di quei veicoli che sì, arrivarono vicino al fiume. Di fatto, la Ford Ranger OLW 237 che aveva tracce di sangue che non si riuscirono a valutare, fu la prima ad arrivare. In quel veicolo si mossero Emmanuel Echazù e Pablo Escola.

Alla riva del fiume sono arrivati almeno due gruppi di gendarmi. L’Agenzia Cadena del Sud ha ricostruito parte dei loro movimenti in funzione delle dichiarazioni dei testimoni (vedere La risa de la impunidad). Il Governo le ha sempre presentate come dichiarazioni monocordi, senza ricadute. In ogni caso sono state dichiarazioni isolate. Ma possiedono una trama comune. Non per niente il giudice Gustavi Lleral ha sollecitato come prova la geo-localizzazione dei cellulari degli uniformati che sono arrivati al fiume.

Secondo questo giornalista, i due gruppi di gendarmi che sono stati più vicini al letto del fiume hanno avuto contatti con Santiago Maldonado: Dario Zoilan ha dichiarato che sparò a un manifestante che stava sull’ultima fila di salici, Neri Robledo ha detto di aver lanciato una pietra a un dimostrante e che lo aveva colpito alla schiena e lasciato barcollante, Juan Carlos Pelozo gridò “qua ne abbiamo uno” e tanto lui come Vera hanno voluto buttarsi nel fiume. Perché? Hanno visto che Santiago Maldonado stava affogando come conseguenza della repressione e non hanno fatto niente? Lo hanno spinto quando voleva tornare a riva? Lo hanno obbligato a restare nel fiume?

Per quella data il fiume non aveva più di 1,5 metri di profondità, con zone di un metro, non c’era molta corrente né pozze, come dichiarò Juan Carlos Mussin (Fascicolo 603). Qualcosa è accaduto nel fiume e i gendarmi lo sanno. Lo nascondono. Come la Gendarmeria, Cané, Noceti, Bullrich e Macri.

Emmanuel Echazù è un altro di quelli che sono stati vicino al fiume e sa quello che è realmente successo. La faccia di pesantezza di Juan Carlos Pelozo – quello che ha gridato “qui ce n’è uno” – descritto alle 11.44 del primo agosto, due minuti dopo che Echazù uscisse dal fiume, nasconde molto di più di quello che è stato dichiarato davanti alla Giustizia e nel tramite amministrativo fatto avanzare dall’ambito di violenza istituzionale del Ministero della Sicurezza.

crimine-di-statoDi che parla quello sguardo perso? Che sa? O che cosa lo hanno obbligato a tacere?

Fonte: http://cadenadelsur.com/crimen-de-estado/ 17 novembre 2017

 

 

SANTIAGO MALDONADO 1

ricardo-ajler

Domenica 26 novembre si è svolto il funerale di Santiago Maldonado. Tuttavia, questo è ben lungi dall’essere l’ultimo atto della vicenda. La parola “fine” è ancora lontana, come lo sono i chiarimenti su ciò che successe il primo agosto, sulle responsabilità, così come è ancora lontana la giustizia.

E lo stesso giorno, mentre non lontano veniva seppellito il corpo di Santiago, Rafael Nahuel, un giovane mapuche di 22 anni veniva assassinato dalla polizia argentina, in quella che ormai si rivela come una strategia di ‘caccia libera’ al mapuche. Diciamo assassinato, poiché l’autopsia dice che il proietile è entrato da una natica e uscito dal torace, quindi il ragazzo stava scappando, come testimoniano i suoi amici, e salendo sul versante della collina.

Speriamo non avesse ragione Fernando Jones Huala, fratello del Lonko Facundo tutt’ora in carcere, quando in una intervista afferma: “Se Santiago fosse stato Mapuche, questo va detto, non avremmo avuto 250.000 persone che manifestavano in Plaza de Mayo”.

Noi vogliamo ricordare Santiago attraverso le sue parole e il commiato del fratello Sergio.

23131880_1664912760206359_3375363804543133078_nLE PAROLE DI SANTIAGO

Le ha lasciate in un libretto. Ha annotato le sue idee del sistema e dell’ingiustizia. Oggi sono un pezzetto di lui, e le leggiamo davanti a tutti, perché paradossalmente alludono ai meccanismi e agli interessi di coloro che lo hanno fatto sparire.

“‘Salve cara popolazione siamo il governo, siamo il tuo governo, quelli che abbiamo il potere sulla tua vita ogni secondo ogni minuto, ogni ora, ogni giorno, ogni istante che passa sul tuo orologio e nella tua testa e ti diciamo come devi vivere. Siamo quelli che premiamo i repressori, torturatori, sfruttatori e castighiamo quelli che non sono come noi vogliamo che siano.’ Continua a leggere