Si è insediato il 46° presidente

A due giorni dall’insediamento di Joe Biden alla presidenza degli Stati Uniti d’America vi aggiorniamo sul contenuto nostro articolo del 5 gennaio 2021: “Le prime 10 cose che Biden dovrebbe fare”.

1. Rimuovere il ritratto di Andrew Jackson nello Studio Ovale. Vi era stato messo da Trump. FATTO

2. Garantire una completa distribuzione del vaccino Covid-19 nel Paese indiano. Gli indiani d’America e i nativi dell’Alaska sono spesso gli ultimi a ricevere assistenza. FATTO

3. Emettere un Ordine esecutivo per ristabilire la periodica consultazione con le tribù abolita da Trump.

4. Ripristinare l’annuale conferenza delle nazioni tribali della Casa Bianca abolita da Trump e programmare la prima data.

5. Occuparsi in modo sistematico del problema delle donne e dei bambini indigeni scomparsi e assassinati. Questo grave problema colpisce il Paese indiano in proporzioni epidemiche.

6. Chiudere le condutture del Dakota Access e del Keystone XL tramite un Ordine presidenziale. FATTO, solo per il Keystone XL

7. Ripristina Bears Ears e Grand Staircase-Escalante come monumenti nazionali. FATTO

8. Ripristinare lo status di trust land alle terre già affidate alla tribù dei Mashpee Wampanoag e revocate da Trump.

9. Proteggere l’Artic Refuge dalle esplorazioni petrolifere. FATTO

10. Fermare la costruzione del muro di confine col Messico nella riserva della Nazione Tohono O’odham e nelle altre nazioni tribali interessate. FATTO

Speriamo che nei prossimi giorni Biden possa prendere in considerazione anche gli altri punti rimesti in sospeso. 

Gli YANOMAMI e il COVID-19

Gli invasori nel territorio yanomami non vengono messi in quarantena e il Covid-19 continua a diffondersi tra le loro comunità. I dati attuali della rete Pro-Yanomami e Ye’kwana che sta monitorando la malattia fra questo popolo registrano il numero spaventoso di 1.201 casi confermati di Covid-19, con nove morti confermate e altri 13 decessi sospettati di essere dovuti al coronavirus.

I numeri continuano a crescere, come si può vedere nel grafico sottostante:73e83f11-9dcb-4f10-b7a7-a708d6ce6e3e

Con 20.000 cercatori d’oro che hanno invaso le loro terre, l’isolamento è impossibile e i minatori portano nei villaggi il Covid-19 e altre malattie, come la malaria. Questo, aggiunto alla difficoltà di accesso alle strutture sanitarie, significa che la vita di questo popolo, così come quella di tutti i popoli amazzonici è gravemente minacciata.

PRIMA ASSEMBLEA MONDIALE PER L’AMAZZONIA

I popoli dell’Amazzonia si sono autoconvocati in assemblea generale con l’appello allegato in formato PDF. E’ un evento importantissimo per la salvezza della loro terra e della nostra, che è la stessa.

Auto-convocazione della

Prima Assemblea mondiale per l’Amazzonia

 Contro l’etnocidio, l’ecocidio e l’estrattivismo in Amazzonia

aggravati dalla pandemia di COVID19

POPOLI DELLA AMAZZONIA

I principali focolai del Covid-19 negli Stati Uniti sono tutte terre indiane

 

In percentuale i Navajo hanno avuto più persone infettate dal coronavirus rispetto a qualsiasi Stato degli USA. Decenni di abbandono, sfruttamento e discriminazione hanno fatto si che, anche prima di questa pandemia, i Navajo avessero un’aspettativa di vita più breve (72 anni) rispetto alle persone in Guatemala (74) e ora il Covid-19 sta li colpendo con una forza particolare. Preda della povertà: molti Navajo vivono affollati in piccole case in cui il distanziamento sociale è impossibile e il 40% di loro non ha acqua corrente. Ciò rende difficile il lavaggio delle mani e porta le famiglie a raggrupparsi nelle lavanderie automatiche.Y84Xycq

Secondo una ricerca dell’American Indian Studies Center, presso l’U.C.L.A, basata sul numero di contagiati ogni 100.000 abitanti, se le tribù di nativi americani fossero conteggiate come stati, i cinque stati più infetti del paese sarebbero tutti nativi, con New York che scenderebbe dal 1° al 6° posto. Al primo posto di questa triste classifica ci sarebbe la Mississippi Band of Choktow, al secondo i White Mountain Apache, poi il Pueblo Zia, il Pueblo San Felipe, la Navajo Nation, New York, il Pueblo Kewa, poi il New Jersey, ecc. Il Servizio Sanitario Indiano afferma che il 28% dei test effettuati ha avuto esito positivo positivo, un tasso enormemente elevato e, poiché molti Navajo soffrono di diabete, ipertensione e malattie cardiache, ci sono più morti tra i giovani che altrove negli Stati Uniti.

Anche per questo i Navajo sono già stati stigmatizzati come potenziali minacce per la salute dell’intera regione, il che è ridicolo data la storia delle molte malattie epidemiche portate dagli europei nel Nuovo Mondo. In ogni caso ci sono già stati casi discriminatori come i blocchi stradali istituiti dalla città di Gallup, che confina con la riserva Navajo, per impedire l’ingresso in città dei membri tribali.

In questa situazione allarmante, gli Stati Uniti, attraverso il Servizio Sanitario Indiano, hanno stanziato solo $ 3.943 a persona per l’assistenza sanitaria per i nativi americani. Cioè, meno della metà dei $ 8.602 spesi per l’assistenza sanitaria per ogni detenuto nelle prigioni americane.

Non tutti però sono “disattenti”, poiché circa 800 Navajo prestarono servizio durante la Guerra di Corea del 1950-53, alcuni di loro come code talker”, la Corea del Sud si è ricordata di loro e, in segno di gratitudine, ha inviato 10.000 mascherine ai veterani della Navajo Nation. Ben 20.000 famiglie irlandesi, riconoscenti per aver ricevuto aiuti dagli indiani Choctaw, nel 1847, durante la carestia delle patate, hanno restituito il favore donando 670.000 $ alle nazioni Navajo e Hopi.

Il governo degli Stati Uniti si è mosso invece con grave ritardo. Washington impiegò sei settimane per trasferire fondi ai Navajo, rendendo difficile per la tribù procurarsi equipaggiamento protettivo e kit di prova e ciò è costato più vite di quante si potesse immaginare.

I popoli indigeni e il COVID-19

Nel mese di aprile 2020, il ministero della salute del Brasile ha riferito della morte, causa Covid19, di un ragazzo quindicenne appartenente alla tribù Yanomami. Gli Yanomami vivono in una zona della foresta amazzonica tra il Brasile e il Venezuela e sono la più grande tribù indigena isolata nelle americhe. La morte di questo giovane ha destato molte preoccupazioni per la sorte dei popoli indigeni che vivono in isolamento volontario nel bacino amazzonico: circa 200 tribù, per circa 10.000 individui complessivi. La maggior parte di esse, ben 114, vivono nell’Amazzonia brasiliana. Per questi popoli l’isolamento è una consapevole strategia di conservazione collettiva, che consente loro di mantenere i propri sistemi sociali, le loro culture, le loro lingue e tradizioni. Continua a leggere

Bare invece di mascherine

Riceviamo, dall’amica Naila Clerici, e volentieri pubblichiamo.

Dalla SIHB, Seattle Indian Health Board (Stato di Washington), arriva la notizia-disastro il 5 maggio. A fine marzo la SIHB invia una richiesta urgente alle autorità statali e federali per materiale sanitario, onde contenere la pandemia che dalla grande area urbana stava espandendosi nelle riserve. Tra queste le più popolate sono: Tulalip, Duwanish, Chinnok, Cayuse, Umatilla, Yakama, Spokane, Walla-Walla. Urgono – supplicava il messaggio – mascherine, guanti, camici per sanitari ed infermieri, amuchina e clorochina e, possibilmente, ventilatori. Nessuna risposta. Le due responsabili del centro sanitario, Esther Lucero ed Abigail Echo-Hawk, rinnovano la richiesta pochi giorni dopo. Ancora silenzio assoluto: le autorità sanitarie statali e federali non hanno nemmeno dato notifica di ricevuta dei messaggi. Nel frattempo tra gli oltre 560 ricoverati si registrano ben 64 decessi. Passano le settimane e la richiesta viene ripetuta più volte: l’ultima (prima della rinuncia) risale a metà aprile. E finalmente pochi giorni or sono arrivano dei pacchi. Quando Lucero ed Echo-Hawk li aprono scoppiano in grida di disperazione e decidono di fotografare tutti i contenuti inviando le foto alla catena televisiva NBC, che le diffonde solo localmente. Quando la casa madre del network si accorge della notizia si è giunti ormai al 5 maggio e dopo aver tempestato di improperi la filiale di Washington State, fa scoppiare il caso in tutti gli Stati Uniti. Nei pacchi inviati dalle autorità sanitarie ci sono solo Body – Bags. Ovvero bare gonfiabili con tanto di fogli esplicativi relativi all’uso delle Cadaver Body Bags e targhette dove si scrivono i nomi dei defunti e si attaccano poi agli alluci dei piedi prima di tirare la chiusura-lampo.

È uno scandalo. Inoltre quella targhette – ora di cartoncino – sono identiche a quelle di ottone che nell’Ottocento servivano ad identificare gli indiani massacrati (ricordate Wounded Knee?).