Un primo bilancio della politica indiana di Trump

Com’è noto, negli Stati Uniti il Partito Democratico ha scelto il suo candidato per sfidare il presidente Trump alle prossime elezioni presidenziali di fine anno. Al voto naturalmente parteciperanno anche gli Indiani Americani e i Nativi d’Alaska che, notoriamente, prediligono i candidati del Partito Democratico. Nelle comunità indiane si stanno tirando le somme di questa prima (e speriamo ultima) presidenza di Donald Trump. Si può senz’altro affermare che, da quando è entrata in carica, l’attuale amministrazione statunitense ha agito per ridimensionare le politiche federali a tutela dei diritti delle nazioni tribali americane, così come non le ha rispettate e onorate come meritano. Più specificatamente l’amministrazione Trump ha:

Proposto di ridimensionare la legge sulla politica ambientale: il National Environmental Policy Act. Nel 2020, l’amministrazione Trump ha presentato una proposta per ridimensionare la normativa ambientale per consentire di accelerare i progetti di sviluppo dell’energia da fonti fossili e altri progetti con elevato impatto ambientale. La proposta mira a limitare la revisione pubblica dei progetti (la nostra Valutazione d’Impatto Ambientale) e consentire ai promotori di partecipare alla stesura delle valutazioni federali sul loro impatto ambientale. L’attivazione delle procedure fino a ora previste dal National Environmental Policy Act è uno dei pochi modi che le tribù hanno di ottenere un controllo sulle azioni degli enti federali.

Operato per favorire la ricerca petrolifera nelle aree protette. In particolare, l’amministrazione Trump ha spinto per aprire la pianura costiera dell’Artic National Wildlife Refuge alla ricerca ed estrazione di idrocarburi. Il comitato direttivo del popolo Gwich, insieme a una coalizione di organizzazioni per i diritti indigeni, ha sollevato preoccupazioni in merito alle violazioni dei diritti umani contro la Nazione Gwich. Quella pianura costiera è da loro definita “Il luogo sacro dove inizia la vita” ed è cruciale per la sicurezza alimentare e lo stile di vita della tribù. Inoltre, per consentirvi la ricerca e lo sfruttamento di petrolio e gas, Trump ha ridotto dell’85% l’area protetta del Bears Ears Monument, nell’Utah, fortemente voluta dalla tribù Ute e Navajo, e che nel 2016 fu istituito come monumento nazionale dall’amministrazione Obama. Quasi contemporaneamente Trump ha anche ridotto l’area protetta del Grand Staircase-Escalante National Monument, sempre nell’Utah. Le tribù Hopi, Zuni e Ute, hanno fatto causa all’amministrazione Trump sostenendo che il presidente non ha il potere di toccare un monumento nazionale una volta che è stato istituito.

Implementato la costruzione del muro al confine col Messico distruggendo aree sacre. Da febbraio 2020, per costruire parte del muro di confine tra Stati Uniti e Messico le imprese incaricate dall’amministrazione Trump hanno iniziato a devastare la Monument Hill all’interno dell’Organ Pipe Cactus National Monument. Questa zona è il sito di un cimitero sacro per la nazione di Tohono O’odham e che da secoli accoglie anche le sepolture di altre tribù. I siti sacri della zona risalgono a 10.000 anni fa e antichi resti umani sono già stati scoperti nell’area. La Nazione Tohono O’odham sta protestando, per quanto fino a ora inutilmente, anche contro l’abbattimento di decine di cactus che dovrebbero essere protetti.

Autorizzato la costruzione di oleodotti attraverso terre tribali riconosciute dai trattai. Nel 2017, Trump ha autorizzato la costruzione del Dakota Access Pipeline attraverso un tratto di terra Sioux dichiarata territorio incedibile dal Trattato di Fort Laramie del 1868 e che contiene diversi antichi siti di sepoltura. I Sioux si sono battuti a lungo con manifestazioni di protesta e in tribunale. La vicenda è ancora nelle aule di giustizia.

Agito contro terre tenute in trust. Nel 2018, il Dipartimento degli Interni dell’amministrazione Trump ha revocato lo status di trust alla terra della tribù Mashpee Wampanoag, in Massachusetts. Questa è la prima volta dai tempi del General Allotment Act del 1887 e dalla Public Law 280 del 1953 che a della terra indiana è tolta la protezione garantita dal trust federale.

Ridotto programmi di assistenza agli indiani, incluso il Programma di Assistenza Nutrizionale Supplementare (SNAP). La riduzione della possibilità di accesso a cibi nutrienti rappresenterà un aggravio delle condizioni di salute tra le comunità native che dipendono da quel programma.

Escluso i Nativi Americani dalla task force d’indagine e azione relativa agli indiani scomparsi o assassinati. Nel novembre 2019, Trump ha firmato un ordine esecutivo per istituire questa task force conferendole l’incarico di presentare proposte per migliorare la sicurezza fisica degli indigeni, impegnando appena 1,5 milioni di dollari per operare negli 11 stati in cui la questione degli individui indigeni scomparsi e uccisi, per la gran parte donne, è più grave. La task force è composta esclusivamente da funzionari federali che non si rapportano con le organizzazioni indigene attive sullo stesso tema.  Inoltre la task force considera solo i casi emersi nelle riserve escludendo dal suo lavoro gli indiani scomparsi e assassinati che vivevano nelle aree urbane.

Introdotto ostacoli al diritto di voto dei Nativi Americani. L’amministrazione Trump ha complicato l’esercizio del diritto di voto degli elettori Nativi Americani al fine di scoraggiarne la partecipazione politica. In molti stati dove è elevata la presenza di riserve sono stati cancellati dai registri elettorali tutti coloro che non erano in grado di produrre un certificato federale di residenza. Molti indiani vivono in aree delle riserve dove non esistono nomi di strade e neppure i numeri civici, ragione per cui è per loro impossibile avere un indirizzo di residenza e quindi un documento che ne certifichi l’indirizzo di residenza. La conseguenza di ciò è stata la cancellazione dalle liste elettorali di moltissimi indiani.Unknown-1Unknown

Incoraggiato la derisione e il disprezzo dei Nativi Americani. All’inizio del 2019, i Nativi Americani hanno organizzato la Marcia dei Popoli Indigeni a Washington per dimostrare la loro opposizione all’attuale situazione politica che li discrimina. Durante la marcia, un gruppo di studenti della Covington Catholic High School ha deriso un anziano della tribù Omaha, Nathan Philips, che stava partecipando alla marcia. Trump ha difeso le azioni degli studenti e ha affermato che la mancanza di rispetto verso questo membro tribale era una “Fake News”. Trump, inoltre, usa costantemente e pubblicamente un linguaggio odioso nei confronti dei Nativi Americani. Usa ripetutamente il termine “Pocahontas” come insulto, soprattutto verso la senatrice Elisabeth Warren che dichiarò di essere orgogliosa che fra i suoi antenati ci fossero anche dei Nativi Americani. Fu durante una cerimonia del 2017, in onore dei veterani dei Nativi Americani, che Trump si riferì alla senatrice Warren come “Pocahontas”, l’indiana che, all’inizio della colonizzazione bianca, fu vittima di stupro, costretta a sposare un colono e poi portata in Inghilterra dove, prima di morire di qualche malattia infettiva, fu mostrata al pubblico come un animale esotico. In un’altra occasione, rispondendo a un video pubblicato dalla Warren in cui beveva una birra nella sua cucina, presente suo marito, Trump, come sua abitudine twittò: “Se Elizabeth Warren, spesso indicata da me come Pocahontas, avesse fatto questo spot da Little Bighorn o da Wounded Knee invece che dalla sua cucina, con suo marito vestito con abiti indiani, sarebbe stato un vero successo!” Quando, all’inizio del 2019, la Warren annunciò che si sarebbe candidata alla presidenza, Trump twittò “Oggi Elizabeth Warren, a volte definita da me Pocahontas, si è unita alla corsa per la presidenza. Correrà come prima Nativa Americana candidata alla presidenza? Ci vediamo sul SENTIERO della campagna, Liz!” La parola “SENTIERO”, in maiuscolo, volutamente intendeva evocare “The Trail of Tears”, cioè il Sentiero delle lacrime, la deportazione dei Nativi Americani dell’est dalla loro terra che causò migliaia di morti. Inoltre, durante un evento che intendeva “onorare” gli ultimi Navajo che avevano servito come Code Talkers della Seconda Guerra Mondiale, tutti loro furono fatti accomodare di fronte un ritratto del presidente Andrew Jackson, cioè di colui che autorizzò la deportazione dei popoli indiani dell’est.

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