Come nel resto del mondo occidentale, anche negli Stati Uniti, ogni dieci anni, è fatto il censimento generale della popolazione. A partire da ieri, 12 marzo, tutte le famiglie degli Stati Uniti hanno iniziato a ricevere l’invito a rispondere al questionario per il censimento del 2020. Per gli Indiani d’America e i Nativi dell’Alaska, il censimento è importante per molte ragioni. I dati che ne risulteranno saranno, infatti, utilizzati per allocare i fondi per i diversi programmi federali destinati agli indiani, tra cui il servizio sanitario, i programmi di edilizia abitativa, per l’istruzione, l’infanzia, ecc.. Inoltre, non meno importante, in base ai risultati del censimento possono essere ridefiniti i confini dei collegi elettorali per gli stati e anche per i distretti in cui verranno eletti i membri del congresso. E dove ci sono più indiani è più probabile che i loro rappresentanti possano essere eletti.
Questo è il 24° censimento degli Stati Uniti, da quando fu introdotto nel 1790. Da quella prima volta, dovettero passare ottant’anni prima che i Nativi Americani fossero contati fra la popolazione generale dell’Unione, perché ciò avvenne nel 1870. Una parte degli indiani furono censiti anche prima di quel periodo, ma al di fuori del censimento decennale della popolazione generale. A volte ci furono speciali censimenti per alcuni gruppi d’indiani. Uno fu il censimento degli Shawnee, del 1857, che fu fatto nell’allora Territorio del Kansas, e che era stato previsto dal Trattato con gli Shawnee, del 10 maggio 1854, allo scopo di assegnare a ogni Shawnee una certa quantità di terra. Nel 1907, il presidente Theodore Roosevelt ordinò di censire la popolazione dell’Oklahoma e dei territori indiani di quel Territorio, prima di accettare l’Oklahoma come stato dell’Unione.
Gli Stati Uniti America iniziarono ad avere interesse a censire i Nativi Americani solo quando i coloni iniziarono a spostarsi a ovest con la corsa all’oro tra il 1848 e il 1855, con la corsa all’accaparramento delle terre coltivabili nelle grandi praterie del 1862, con la necessità di trasformare i territori in stati. Tutti eventi che scatenarono guerre per la terra tra nativi e coloni. Prima di allora, e prima di avere costretto gli indiani nelle riserve, gli americani non avevano motivi per censire gli Indiani Americani. Ammesso che questi fossero disponibili a farglielo fare.
Fu nel 1860 che i Nativi Americani furono contati per la prima volta come parte della popolazione generale degli Stati Uniti, ma non tutti. La legge previde che fossero contati solo quelli che pagavano le tasse, che rinunciavano alla loro appartenenza tribale e che si assimilavano, diventando “americani”. Furono circa 40.000 quelli censiti in questo modo. Poiché a quei tempi i rilevatori del censimento, che erano tutti non-nativi, erano quelli che decidevano come classificare gli indiani, non avendo direttive precise su come comportarsi, fecero scelte diverse in base ai luoghi e alle situazioni che si trovarono di fronte. Così, quelli classificati come “indiani” generalmente furono inseriti nella colonna “colored” della scheda del censimento. E, coerentemente col fatto che dovevano avere rinunciato alla loro appartenenza tribale, non fu registrato a quali tribù appartenessero. I Pueblo del sud-ovest furono generalmente classificati come “non-bianchi”, ma i Pueblo di Taos furono censiti come “color rame” o “indiano”. In alcuni casi, i nativi che vivevano in un insediamento insieme alla “popolazione bianca”, furono contati come “bianchi” e non identificati come indiani solo perché non vivevano in una riserva. In altri casi furono definiti half-breed, cioè meticci, anche se non lo erano affatto.
Dopo questa prima volta gli Stati Uniti iniziarono a contare i Nativi Americani indipendentemente dal fatto che pagassero o no le tasse. Va qui doverosamente evidenziato che è la stessa costituzione degli Stati Uniti ad avere conferito agli indiani “il privilegio” di essere esentati, come ancora, in effetti, lo sono, dal pagare le tasse e ciò perché, quando fu scritta, tutte le Nazioni Indiane erano considerate Sovrane ed estranee agli Stati Uniti d’America.
Col censimento del 1870, la popolazione indiana complessiva risultò essere di 313.712 individui che costituivano la popolazione nettamente prevalente in 5 stati e 10 territori. Solo l’8% degli indiani furono classificati come “tassati” e idonei per avere la cittadinanza americana. L’altro 92%, ovvero 287.981, era costituito da indiani non-tassati e quindi inidonei a diventare cittadini americani.
Il censimento del 1880 introdusse una novità perché l’Ufficio del Censimento stabilì che: “Gli indiani esterni alle relazioni tribali, siano essi di sangue pieno o mezzosangue, che si trovano mescolati alla popolazione bianca, che risiedono in famiglie bianche, impegnati come servi o lavoratori, o che vivono in capanne o wigwam alla periferia di città o insediamenti bianchi, devono essere considerati parte della popolazione ordinaria del paese ai fini costituzionali della ripartizione dei rappresentanti tra gli stati e devono essere accolti nel conteggio”. Non furono considerati come bianchi, ma comunque facenti parte della popolazione degli Stati Uniti.
Il 4 luglio 1884, quando oramai tutti gli indiani erano confinati nelle riserve, il congresso ordinò al Bureau of Indian Affairs di censirli. Gli agenti indiani dovevano presentare un conteggio annuale dei loro assistititi al commissario per gli Affari Indiani. Poiché la legge non diceva quali informazioni raccogliere ma solo di contare gli indiani, nei moduli del censimento indiano erano previsti solo il nome, la relazione familiare, il sesso e l’età delle persone indiane. Il censimento indiano annuale continuò fino al 1940.
Il censimento del 1890 fu considerato il primo “di tutti gli indiani” che risultarono essere poco più di 248.000. Tuttavia, poiché i documenti relativi a quel censimento finirono distrutti in un incendio a Washington, DC, per gli storici è difficile capire se ciò corrisponde al vero. In effetti, sembra che quasi mai ci sia stato un risultato del censimento che abbia contato “tutti” gli indiani. Sembra, infatti, che i Nativi Americani e i Nativi dell’Alaska siano stati sempre significativamente sottostimati rispetto al resto della popolazione degli Stati Uniti. Nel 1990, l’Ufficio del Censimento riferì di una sottostima ufficiale del 12,2% degli Indiani Americani, di una sottostima dello 0,7% nel 2000 e del 4,9% nel 2010. In vista del censimento attuale i leader tribali e le principali organizzazioni indigene si sono mobilitati per spiegare agli indiani, specie quelli in situazioni di maggiore disagio, l’importanza di avere un conteggio quanto più accurato possibile della popolazione degli Indiani Americani e dei Nativi d’Alaska.