EMILIO BERKHOFF, PRIGIONIERO POLITICO MAPUCHE

Ho conosciuto Emilio Berkhoff il 7 novembre scorso, durante una visita al carcere di Lebu dove si trova tuttora rinchiuso.

Emilio è arrivato nella sala dei colloqui sorridendo, e per prima cosa ha messo una tovaglia a fiori sul tavolo, ha tirato fuori un thermos d’acqua bollente, tazza, bombilla, e mi ha offerto il mate. Come se fossi sua ospite, nella cucina di casa sua. Ha messo una coperta piegata sulla panca di legno, perché stessimo più comodi. Poi abbiamo cominciato a parlare. 

Della sua condizione di detenuto, del fatto che non era riconosciuto come prigioniero politico, dei periodi di isolameto che aveva scontato come punizione, delle sue richieste alle autorità carcerarie. Ma soprattutto abbiamo parlato della lotta e delle rivendicazioni mapuche, della situazione delle comunità circondate da imprese forestali multinazionali, minacciate da progetti di estrazione mineraria o idroelettrici, ampliando il discorso alla situazione politica cilena. Emilio mi ha chiesto dei movimenti europei, di come vediamo da qui la situazione latinoamericana, ha domandato aggiornamenti sulle lotte indipendentiste basche e sulla Palestina. Ha solo 27 anni, ma da diversi anni lotta a fianco dei mapuche e ne condivide la vita nelle comunità. Ora sta rischiando una pena molto elevata, nel processo che dovrebbe svolgersi nei prossimi mesi, ma già “condannato” a priori da dichiarazioni dell’ex ministro degli interni Chadwick e dell’ex presidente Piñera. Rischia di pagare caro il proprio impegno e la propria coerenza, perchè vogliono fare di lui un caso esemplare, sia per dissuadere i giovani cileni dal solidarizzare con le rivendicazioni dei popoli indigeni, sia per reprimere una volta di più una delle organizzazioni più combattive della lotta mapuche.

Non possiamo lasciarlo solo.

Luisa

EMILIO BERKHOFF: TEMPRANDO LA SOLIDARIETÀ

Roberto Sáez images

1- Chi è Emilio?

Emilio Berkhoff, ex studente di Antropologia della Universidad Católica di Temuco, potrebbe essere considerato dal popolo mapuche come uno dei tanti cileni con cognome straniero, però Emilio si è conquistato un posto del cuore dei mapuche. Motivato da giuste ragioni, temprate in vari anni al calore di un profondo spirito di sacrificio, decise di abbandonare il suo modo di vivere precedente per andare a vivere con la sua compagna e i figli insieme al popolo mapuche, sulle sponde del lago Lleu-Lleu, affrontando le dure condizioni di oppressione, povertà e vita nelle riserve alle quali oggi è sottomesso gran parte del popolo-nazione mapuche. Nelle quali però – dice- spera di crescere i suoi figli con valori migliori e di vivere come un uomo degno. Emilio ha dichiarato di essere un simpatizzante ideologico della Coordinadora Arauco Malleco (CAM), cosa che lo ha condannato ad ingrossare le fila dei prigionieri politici mapuche. Perché? Il 2 febbraio del 2013 il Ministro degli Interni Andrés Chadwick lo accusò pubblicamente e senza nessuna prova di essere il principale “ líder violentista” dell’Araucanía e del Bío Bío. Lo stesso giorno dopo la sua formalizzazione, questo “líder terrorista” fu rilasciato con firma quindicinale. “Deve pagare per le sue colpe”, sentenziava Piñera alcuni giorni più tardi da Talcahuano. Questa condanna politica è costata ad Emilio e alla sua famiglia un un torbido procedimento giuridico che manca delle garanzie del debito processo. Così, il governo pretende di dare un castigo esemplare alla gioventù cilena e mapuche calpestando persino la propria legge.

 2- Le vessazioni, la clandestinità e la prigione

7693_554464771308523_464366503_nTra le continue vessazioni in prigione, la durata eccessiva del regime di carcerazione preventiva, l’investigazione della procura sotto segreto giudiziario, l’uso di testimoni “senza volto” [protetti, segreti] come unica prova (utilizzati solo per imputati con la legge antiterrorista, e non è questo il caso) e querelanti di parte del calibro delle imprese forestali Arauco, Mininco, Volterra, Emilio e la sua famiglia hanno dovuto affrontare un durissimo procedimento giudiziario per cause minori, come “resistenza a carabineros” e che ha portato a vessazioni di elevata gravità da parte degli apparati della polizia investigativa, che in varie occasioni hanno posto in pericolo la sicurezza della sua famiglia. Ricercato dal 21 marzo 2013 per arrestarlo durante due violente irruzioni simultanee a casa sua e della madre, Emilio dovette optare per la clandestinità, situazione durata 40 giorni, fino a che la notte del 14 maggio 2013, intercettato mentre si trovava su un sentiero nelle vicinanze di Puerto Choque, dovette arrendersi e consegnarsi. Se fosse fuggito, sarebbe stato abbattuto con un colpo alla schiena come Matías Catrileo. EmilioCosì, Emilio ha già trascorso più di 10 mesi in carcere. Tra le sbarre della sua piccola cella a Lebu sventola una bandiera blu con la stella bianca a 8 punte, la banidiera di Lautaro che, nei tempi passati, percorse tutto il territorio mapuche per condurre il suo popolo contro l’invasore. Bandiera che sventola in segno di integrità e dignità. Lungi dal vittimizzarsi, Emilio commenta che ha fatto della prigione politica un’altra trincea di lotta, e trascorre la quotidianità tra le letture, l’esercizio fisico e preparando il carcere per ricevere in qualunque momento altri prigionieri politici: “non sono il primo e non sarò l’ultimo” commenta. Inoltre si mantiene costantemente informato sulle vicende nazionali e internazionali. Ha seguito con entusiasmo lo sciopero dei lavoratori portuari, conosce molto bene la lotta dei lavoratori a contratto del rame, del movimento studentesco, del processo di sviluppo della sinistra a livello latinoamericano e di diverse lotte indigene e indipendentiste nel mondo.

 3- Un appello urgente

in diverse occasioni Emilio ha affermatoche il fatto di essere incarcerato senza alcuna prova a suo carico è un segnale del fatto che il governo cerca di perseguitare un progetto per il quale lui simpatizza. Progetto e idee per le quali fu assassinato alle spalle il suo amico e fratello Matías Catrileo. “Noi non siamo cileni, siamo mapuche, siamo a parte”, diceva Matías nel 2007. frase che più che uno slogan costituisce un’idea fondante del progetto politico al quale aderiva questo giovane weichafe [guerriero] assassinato en 2008. Idea che nelle parole di Héctor Llaitul e in una serie di documenti elaborati dalla commissione politica della CAM si definisce come un “progetto strategico di Liberazione Nazionale mapuche, di carattere ‘nazionalitario’ (…) approccio che dovrebbe essere inteso come un ‘anticapitalismo indianista’ (…); la ‘ricostruzione nazionalitaria’ renderà praticabile l’orizzonte della liberazione. De è attraverso il recupero delle terre, ma ancor più del Controllo Territoriale, che si renderà possibile tutto il nostro pensiero e l’azione politica di amancipazione” (Weftun). Come sinistra cilena possiamo simpatizzare o meno con queste idee, tuttavia chiunque metta in dubbio il potere dell’industria forestale nel nostro paese, rispetti i processi di rivendicazione delle terre e il controllo territoriale delle comunità, si indigni di fronte all’enorme repressione sofferta nelle campagne o che semplicemente si opponga alla povertà sociale o al depauperamento ambientale prodotti dal capitalismo, ha la responsabilità di prendere posizione di fronte ad un conflitto aperto nel quale gli attori si trovano schierati da tempo, e dagli anni ’90 in scontro diretto. (…) 

Non c’è giustizia con i testimoni “senza volto”!

Basta con la legge antiterrorista!

Libertà a Emilio Berkhoff e a tutti i prigionieri politici mapuche!

Puerto Montt, 12 marzo 2014

(introduzione e traduzione: Luisa Costalbano)

articolo originale: https://www.facebook.com/notes/roberto-mauricio-saez-olivares/emilio-berkhoff-templando-la-solidaridad/725248237507169

Fiscalía por caso Berkhoff: Será imposible seguir si no se mantiene reserva de identidad de testigos: http://www.biobiochile.cl/2014/03/17/fiscalia-por-caso-berkhoff-sera-imposible-seguir-si-no-se-mantiene-reserva-de-identidad-de-testigos.shtml

Da “Weftun”, voce ufficiale della CAM: http://www.weftun.org/REPRESION/berkhoff_y_la_cam.html

La única prueba contra Emilio Berkhoff son los 14 “testigos sin rostro”: http://www.adelantechile.cl/2014/03/19/unica-prueba-contra-emilio-berkhoff-son-14-testigos-sin-rostro/

VIDEO: http://youtu.be/NkhzNRelSCQ

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